IL NUOVO LIBRO DI ELISABETTA VILLAGGIO: “PAPA’ ERA DEPRESSO PERCHE’ NON VENIVA PIU’ CHIAMATO DA QUELLO CHE ERA STATO IL SUO MONDO”

di Giovanni Berardi

Elisabetta VillaggioElisabetta Villaggio aveva confermato pubblicamente la depressione del padre, Paolo Villaggio, solo pochissimi mesi prima della morte. Ma a noi, incontrando Elisabetta a Sabaudia nell’estate del 2015, in occasione della presentazione del suo libro “La Mustang rossa”, aveva sussurrato, a chiare lettere e senza alcun dubbio, anche i motivi di questo declino: “papà è depresso perché non viene più cercato da quello che era stato il suo mondo”. Poi Elisabetta aveva aggiunto:“papà in questa situazione certo non potrà vivere a lungo”. E fu davvero profeta, Elisabetta Villaggio, poiché nemmeno due anni dopo è stata comunicata la morte dell’attore. Oggi Elisabetta Villaggio ha dato alle stampe il suo libro, “Fantozzi dietro le quinte oltre la maschera. La vita (vera) di Paolo Villaggio”, edito dalla casa editrice Baldini+Castoldi, atto proprio a ricordare la figura del padre. Dice Elisabetta Villaggio: “quello che voglio è diventare davvero la sua memoria storica e questo libro in fondo potrebbe essere solo il primo atto, talmente avventurosa e viva è stata la sua vita”. La prima volta a Latina Paolo Villaggio non era ancora Fantozzi e Latina ancora non era la città che stava per diventare, oltre la circonvallazione insistevano solo acquitrini e rane e poche erano ancora le generazioni che Latina aveva conosciuto. Fantozzi invece Paolo Villaggio lo stava per diventare. Era l’anno 1973 e l’occasione era stata la presentazione in anteprima al Supercinema di  “Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno”, il film di Luciano Salce, il film che passò nella storia del cinema come la prova generale del personaggio maturato poi, nel 1975, nel ragionier Ugo Fantozzi. La copertina di Fantozzi dietro__ le quinteDal proscenio del Supercinema Villaggio ammetteva di conoscere benissimo il nostro litorale, Sabaudia e San Felice soprattutto, dove lo portava spesso l’amico regista Sergio Corbucci, “assolutamente in giro per i ristorantini della zona” come aveva detto, ma con la città vera e propria di Latina non aveva mai avuto “ancora” il piacere, di essere poi rimasto sbalordito, “storicamente”, quando aveva visto l’edificio a forma di M proprio di fronte al cinema. E quando poi con Elisabetta ne abbiamo parlato, lei ha ricordato che quello era stato il periodo più duro, il periodo in cui, all’alba della sua adolescenza, l’incomunicabilità con il padre raggiungeva i massimi livelli, “mai trovata in quegli anni una parentesi per trascorrere insieme anche un solo pomeriggio”.  Con Elisabetta ci eravamo lasciati andare anche ad un lungo peregrinare di elogi verso il papà attore, sottolineando un po’ quella che è stata la sua unicità nel sistema spettacolo, poi ad azzardare paralleli con Charlie Chaplin, anche con le dinamiche di Stanlio e Ollio, arrivando a notare come “Sogni mostruosamente proibiti”, anche “Fracchia, la belva umana” e “Ho vinto la lotteria di capodanno”, tre tra i film di Villaggio, pur nei loro limiti estremi, arrivavano a nutrirsi proprio alle corde di questi grandi geni della scena, così da arrivare a convincere autori quali Federico Fellini, Ermanno Olmi, Mario Monicelli a condividere insieme i set di “La voce della luna”, “Il segreto del bosco vecchio”, “Cari fottutissimi amici”. Elisabetta assecondava con la complicità compiaciuta della figlia queste comprensioni verso il genitore, perché davvero ancora Paolo Villaggio veniva liquidato dalla critica più militante solo come un “comicarolo”, e per molti anche piuttosto antipatico e presuntuoso. In quel 1973, a Latina, Paolo Villaggio era ancora alla ricerca della affermazione più vera, quella è venuta dopo Fantozzi, c’era però la notorietà, grazie alla televisione e alla radio che già Villaggio frequentava con successo, ed ai libri pubblicati dedicati al suo personaggio, “Fantozzi” e “Il secondo tragico libro di Fantozzi”, Rizzoli Editore, che già avevano venduto tantissimo anche nel resto del mondo.  Ma a Villaggio questo ancora non poteva certo bastare.

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