Nori Corbucci: l’ispirazione era sulle dune e nel ricordo del marito, il regista Sergio Corbucci
di Giovanni Berardi
Il primo pensiero di Nori Corbucci è sempre stato per il marito Sergio, il grande regista Sergio Corbucci. Era contenta per la stima e per la comprensione critica che oggi il mondo culturale riconosceva a Sergio, cosa che era sempre mancata prima. Quello che pensiamo oggi che Nori non c‘è più è che da tanta riconoscenza si sentiva contagiata. Contagiata ed anche ispirata, anche invogliata nel suo mestiere di scrittrice. L’ultimo suo libro Ciak. Motore. Azione. A lato, dietro e dentro il cinema una fatica che ha visto concretizzarsi in tre volumi, proprio sotto la tranquillità delle dune di Sabaudia e, soprattutto, nei continui tuffi in piscina. Diceva infatti Nori: “non c’è ispirazione migliore di quella che mi viene quando nuoto in piscina qui a Sabaudia. Nell’ora di vasca mi vengono in mente tante idee, tanti contenuti e ricordi, che riporto quasi immediatamente su dei foglietti che lascio a bordo vasca. Dopo, salita in camera, rielaboro tutto al computer. A Roma, ad esempio, questo tipo di lavoro mi risulta proprio difficile, anzi impossibile. Per questo amo passare molto del mio tempo in questa casa di Sabaudia”.
Tra le sue pubblicazioni, Le voci, edito dalla casa editrice Ibiskos, è un titolo a cui tiene molto, perché narra di un tema a lei molto caro, una ricerca spirituale effettuata personalmente negli anni, un viaggio interiore che l’ha portata fino ai confini dell’esoterismo. Ora Nori Corbucci, nella quiete della sua casa sulle dune stava ultimando il suo nuovo libro, il ventesimo, che voleva dare alle stampe in primavera. Era il terzo aggiornamento di Ciak. Motore. Azione. A lato, dietro e dentro al cinema, prima edizione nel 2006 sempre dalla Ibiskos, un successo la cui prima tiratura ha vantato ben tre edizioni. Diceva Nori Corbucci: “le due edizioni, quelle precedenti, raccontavano una serie di aneddoti sul cinema raccolti e raccontati in maniera gaia e briosa, il terzo aggiornamento invece si sta trasformando, con la stessa tecnica narrativa, in un testo più specifico, più ancorato, sta diventando credo una riflessione più intima, anche più personale, più amichevole. Le frequentazioni che Sergio ed io abbiamo potuto realizzare, quelle più continue soprattutto, con Luchino Visconti, Federico Fellini, Francesco Rosi, Vittorio Gassmann sono raccolte e raccontate al setaccio”. D’altra parte il cinema è un mondo che Nori ha conosciuto molto bene, insieme al marito Sergio è sempre restato la passione della sua vita. Ed anche nel passato aveva raccontato il cinema visto da più angolazioni, come ne Il cinema di Sergio Corbucci, 1993, scritto insieme al critico Orio Caldiron, Il regista del mio cuore, 1998 ed Un ragazzo fortunato, 2011. Nori amava parlare del lavoro di Sergio, della sua voglia incondizionata di stare sempre sul set, “anche a discapito della qualità. Io per questo mi arrabbiavo molto con lui, perché certi film non erano assolutamente all’altezza della sua intelligenza e della sua cultura” ribadiva spesso Nori. Sergio Corbucci ha attraversato in fondo quarant’anni di cinema italiano con l’unica ambizione di fare solo dei buoni prodotti, per divertire o appassionare la gente, mai ha preteso di essere un autore, restava soltanto un artigiano, esperto di tutti gli effetti del cinema. Infatti non è un mistero, e Nori nell’aggiornamento del suo libro lo sta appunto raccontando, che tra gli estimatori della carriera di Sergio Corbucci c’era Federico Fellini. Infatti Nori, da grande appassionata del rigore professionale del marito, ci ha rivelato come Antonello Trombadori, autorevole critico d’arte, esponente politico importante degli anni settanta e grande appassionato di cinema, nell’ incontrare in Via Margutta Fellini e Corbucci, non esitò a presentarsi davanti al primo, accompagnandosi persino ad una riverenza esibita, una sorta di inchino che Fellini subito gli rimandò indietro: “guarda che l’inchino devi riservarlo piuttosto a Corbucci, perché sarà di Totò che si parlerà negli annali, anche di Franco e Ciccio, di Celentano e di Pozzetto, di Bud Spencer e Terence Hill e quindi anche di Sergio Corbucci. Di Fellini non lo so”. Sergio Corbucci era stato un regista di vera statura popolare, ha lavorato con Totò nei suoi titoli migliori come Chi si ferma è perduto e I due marescialli, con il suo cinema western poi era stato davvero il contraltare di Sergio Leone. Corbucci sempre più dedito alla esasperazione, alla crudeltà come strumento narrativo, al fango, al sudore, alla puzza, mentre Leone era piuttosto sole, sabbia, prateria sterminata. E c’è da dire che proprio con il cinema western che Corbucci aveva raggiunto le vette più alte della sua narrativa, qualche titolo, Django, Navajo Joe, Il mercenario, Il grande silenzio, I crudeli. Nori comunque ha fatto in tempo a vedere realizzato l’evento mondiale che Quentin Tarantino aveva riservato al suo mito italiano, Sergio Corbucci, il regista stimato oltremisura dal talentuoso regista hollywoodiano, attraverso il capolavoro Once upon a time… in Hollywood , uscito sugli schermi mondiali nel 2019, così come prima, nel 2012, ancora Quentin Tarantino aveva omaggiato Sergio Corbucci con il rifacimento del suo Dyango. Come diceva Nori era proprio il genere western, tra i tutti i generi affrontati nel cinema da Sergio il suo preferito. “Per Sergio quella del western era la strada buona” diceva Nori “e poi si divertiva come un pazzo a far muovere i cavalli, gli indiani, le pistole. E proprio con il genere western Sergio poteva meglio esprimere la sua passione per la rivoluzione messicana e l’amore per il suo eroe, Emiliano Zapata”. Tra i ricordi meravigliosi di Nori la scoperta, insieme a Sergio di Sabaudia, Punta Rossa al Circeo in un primo momento, di cui Sergio era diventato davvero un appassionato. Ricorda Nori le venute al mare, spesso anche d’inverno, il mattino prestissimo già passeggiare sulla battigia, fermarsi a colazione al celebre ristoro di Saporetti, raggiungere in tarda mattinata il Circeo, il pranzo a Punta Rossa, vivere il tramonto sul mare e poi la sera, prima del rientro a Roma, le cene nelle trattorie della zona. Quello che rammaricava Nori, in questo momento, era che Sergio non aveva fatto in tempo a vivere la splendida casa di Sabaudia, lui che teneva molto a questo risultato, che comunque Nori ha voluto in ogni caso premiare, tanto da innalzare ai limiti della casa la scultura di una bellissima testa di cavallo bianca, a simboleggiare la struggente narrativa western ed il cinema migliore di Sergio Corbucci. E’ rimasto, e rimane, in fondo, questo dono anche un motivo per testimoniare sempre, nella casa sul mare di Sabaudia, insieme all’imponente presenza del promontorio del Circeo, la presenza del regista, ed oggi anche quella della moglie, la cara Nori. Una terrazza sul mare di Sabaudia che ha visto discutere, oltre al miglior cinema italiano, anche il mondo dell’economia nazionale come Luca Di Montezemolo, Giorgio Armani, Giovanni Malagò.
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