UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO – Idee ed imprese, per un futuro migliore

di Marco Cepollaro

L’eterogeneità di approcci e definizioni contraddistingue ogni fase di cambiamento, soprattutto quando si ricercano modi innovativi per affrontare difficoltà che la contemporaneità rende apparentemente insormontabili. La lenta ma inarrestabile regressione che ha caratterizzato l’andamento economico degli ultimi anni e generato l’assoluta consapevolezza di quanto sia necessario tornare ad avere delle concrete prospettive di crescita, ha reso incombente la revisione di un “modello di sviluppo ” ormai improduttivo; nasce così l’esigenza di introdurre una formula innovativa, andando molto lontano dalla vecchia storia del capitalismo industriale per concepire una nuova possibilità, una sintesi di locale e globale, dove le scelte del presente possono effettivamente costituire una nuova sfida per il futuro. Un’aspettativa sorprendente come quella, ad esempio, di approdare al capitalismo culturale, una sfida dal significato inedito che attribuirebbe vantaggio competitivo ad un capitale estremamente presente nella nostra città: i nostri concittadini e le loro competenze. L’economia creativa è da sempre l’economia della conoscenza e del talento, dove la forza delle imprese si misura sulla base dalla loro abilità di attrarre e stimolare risorse umane e capacità. Tale economia, sovente associata alle arti quali architettura, pittura, letteratura e musica, è ancor più profondamente legata alla creatività propria delle scienze, dell’attività di ricerca e sviluppo, di tutte quelle attività di produzione e di consumo oggigiorno legate al marketing, alla moda, al design, all’intrattenimento, ai media e allo sport. Rispetto ad un passato anche recente, sia i mercati che le imprese sono profondamente cambiati: la diffusione delle nuove tecnologie informatiche e l’avvento di internet, il passaggio da una concorrenza basata sul basso costo ad una fondata sull’alta qualità, fa sì che a contare siano le idee e l’eccellenza delle nuove generazioni e la loro preparazione. In questo scenario assumono preponderanza i copyrights, i brevetti, i marchi e il design come strumenti competitivi a difesa della proprietà intellettuale. Dalla metà degli anni novanta l’economia della conoscenza è in continuo sviluppo ed il suo peso è destinato ad aumentare senza soluzioni di continuità, andando a costituire circa il 10% del PIL nazionale . Diventa dunque importante capire i nuovi meccanismi organizzativi che caratterizzano una società evoluta e profondamente complessa, un bisogno essenziale quello di sviluppare una maggiore capacità di analisi, spesso sconosciuta a molti amministratori locali, che ci permetterebbe di pianificare grandi e coraggiosi progetti. Dobbiamo sapere gestire un nuovo sistema di connessioni, basate ora sul binomio apprendimento-innovazione, valorizzando le peculiarità del nostro territorio, di un ambiente cittadino che sta vivendo un momento di grande fermento culturale, ricco di operatori duttili ed aperti alle esigenze dell’avvenire. La cultura intesa nella sua concezione allargata, che implica educazione, istruzione, ricerca scientifica e conoscenza, più di ogni altra cosa innesca l’innovazione e crea occupazione, producendo progresso e sviluppo; e questa, essendo una condizione essenziale per il futuro delle nuove generazioni, deve necessariamente ritrovare la sua posizione centrale nell’azione di Governo; pensare alla crescita senza questi pochi e semplici fattori vuol dire ipotizzare un futuro da “consumatori disoccupati”, generando un repentino inasprimento dello scontro generazionale che non lascia intravedere vie d’uscita. Occorre dotare repentinamente la nostra città di un volano economico basato sulla ricerca, una fabbrica dell’immateriale che permetta di generare valore dall’esperienza e dalla conoscenza accumulata, valorizzando tutte quelle risorse umane che normalmente vediamo emigrare dal territorio pontino per servire altri processi nazionali. Proviamo a stravolgere i presupposti, tentiamo il passaggio dal tipico processo produttivo a quello innovativo di propagazione per giungere alla creazione di efficienti reti che facilitino lo scambio intelligente delle informazioni , pensiamo al net-learning e all’attuazione del partenariato d’impresa; rendere Latina una sorta di catalizzatore per il trasferimento della conoscenza regionale significherebbe allargare i nostri confini, offrendo una grande opportunità alle nostre migliori aziende, delineando i presupposti per l’inserimento professionale dei tanti giovani ricercatori che escono dal polo universitario pontino. Particolarmente illuminanti i risultati di vari studi internazionali che evidenziano come la prossimità geografica, tra impresa e università con la creazione di grandi centri di ricerca, organizzativa, che favorisce scambi attraverso fiducia e reciprocità, e tecnologica sono elementi che facilitano la creazione di relazioni benefiche atte a sfruttare pienamente il capitale derivante da produzione e scambio di conoscenza. Viceversa, in territori non capaci di assorbire e trattenere adeguatamente il capitale cognitivo, tali dispersioni conducono ad un complessivo impoverimento, generando un notevole vantaggio a favore di altri territori molto più pronti e fertili nei riguardi dell’innovazione. Giova a tal riguardo un paragone con il mondo anglo-sassone, da sempre riferimento in termini di creatività, che negli anni Settanta comincia ad entrare nel merito delle politiche urbane di rigenerazione proponendo uno sviluppo attraverso lo strumento della cultura. Ricordiamo quando, ad esempio, il Greater London Council costituì una tra le prime esperienze di specializzazione territoriale di un’area inizialmente degradata verso uno sviluppo in senso culturale. Sono questi gli anni dell’istituzione della Tate Modern e dell’evoluzione di questo quartiere in senso creativo, rendendolo capace di attrarre pubblico ed artisti da tutto il mondo. Tutto ciò conferma che essere ambiziosi ed audaci in tempi di crisi permette di pensare al futuro, mentre il raggiungimento dei soli risultati di breve periodo, molto spesso, preclude la vera crescita socio-economica. Città europee come Bilbao, Weimar, Siviglia ed Edimburgo hanno creduto in idee molto ambiziose, scegliendo di investire nell’industria creativa hanno visto crescere il reddito dei propri cittadini e aumentare esponenzialmente le presenze turistiche, facendo registrare dei tassi di crescita nettamente superiori alla media del vecchio continente. Ora, nella consapevolezza dei ragguardevoli risultati raggiunti, possiamo facilmente intuire quali siano stati i motivi che hanno portato la Commissione Europea ad attuare la c.d. “politica della conoscenza” contenuta in Europa 2020, dove si descrive una lungimirante prospettiva di crescita intelligente, che sappia andare ben oltre gli obiettivi di breve termine, dove si avverte il necessario aumento della porzione di PIL destinato alle spese in R&S e si delinea chiaramente quella che vogliamo chiamare l’Unione dell’innovazione . Anche la città di Latina può essere uno spazio aperto alla creazione, ma la creatività non è solo una qualità individuale, le migliori idee nascono proprio nei processi di condivisione ed è proprio da questo presupposto che il mondo accademico punta l’attenzione verso l’introduzione nel nostro territorio di una struttura innovativa e propedeutica alla nascita di nuove imprese con evidente potenzialità di crescita, fondate da ricercatori universitari ma anche imprenditori esterni, una base che fornisca spazi attrezzati per il coworking, servizi di consulenza per avviare una concreta attività imprenditoriale ed un network di imprenditori, manager e potenziali investitori. Si può generare attività economica e stimolare l’occupazione investendo nei giovani e nelle idee innovative, sul riuso e la riqualificazione di spazi in disuso ereditati dalla desertificazione industriale. Nasce dunque il progetto del Business Incubator Pontino, un luogo dove l’idea imprenditoriale può essere sostenuta nella sua concretizzazione con nuove metodologie, una piattaforma di incubazione aziendale che sappia offrire l’adeguato sostegno alla start up innovativa, rendendola autonoma e pronta a raggiungere la piena maturità in pochi anni. Le esperienze di questi programmi dimostrano che il positivo completamento di un progetto di business incubation aumenta la probabilità che una start-up rimanga in attività per il lungo termine; storicamente circa l’87% degli incubator graduates continua l’attività e dimostra di essere altamente competitiva nel mercato di riferimento . Le idee, proprio come le imprese, hanno bisogno di condizioni adatte per svilupparsi, necessitano sempre di supporto e assistenza adeguati, costanti e di qualità, ma solo grazie alle nostre intuizioni possiamo progettare un futuro migliore.

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