ANZIO RICORDA GIOVANNI CIANFRIGLIA, CHE NEL CINEMA FU IL MITICO KEN WOOD
di Giovanni Berardi
In America Giovanni Cianfriglia aveva organizzato una squadra di stuntman incaricati a risolvere tutte le situazioni più acrobatiche nel film “Il gioiello del Nilo”, 1985, di Lewis Teague, spesso a subentrare anche nelle scene più pericolose per il suo protagonista, Michael Douglas, proprio come aveva fatto in Francia nel 1975 al seguito del film “Il poliziotto della brigata criminale” di Henry Verneuil, chiamato anche per dare il suo impulso alle scene acrobatiche di Jean Paul Belmondo. Giovanni Cianfriglia è morto nella sua Anzio nella tarda mattinata di mercoledì 30 ottobre. Mancheranno al cronista le tante giornate di sole trascorse con Giovanni proprio tra un bar ed un altro, proprio tra una colazione ed un’aperitivo: il bar Grand’Italia, l’Imbarcadero, il Caffè dei Graziosi, tutti nell’accogliente e luminosa Piazza Pia ad Anzio erano i nostri teatri dove sovente con Giovanni si passavano le ore andando avanti ed indietro nella sua memoria professionale. Giovanni Cianfriglia, diventato poi “americano” con il nome di Ken Wood, del mondo degli stuntman italiani era assolutamente un generale, di bontà e di generosità. Proprio una “scuola” per i tanti cascatori che poi sono passati, tra un film ed un altro, attraverso le sue lezioni:Massimo Vanni e Ottaviano Dell’Acqua ad esempio pendevano sempre, assolutamente, e dalle sue labbra e dai suoi insegnamenti. “Sono cresciuto proprio tra pane e palestra” ci aveva detto Giovanni “anzi sono cresciuto tra pane e pesci e poi sono maturato in palestra” rettificava.
La sua fortuna, come spesso ci aveva raccontato, era stata quella di abitare ad Anzio, di vivere cioè vicino alla riserva di Tor Caldara dove, un giorno si e l’altro pure, si giravano una miriade di film d’azione e di avventure. Gli Ercole, i Sansone, i Maciste e gli Ursus erano passati quasi tutti dalla riserva ambientale di Tor Caldara ad Anzio. Gli inizi di Giovanni Cianfriglia nel cinema sono nel nome di Steve Reeves, il mitico culturista americano sbarcato a Cinecittà per impersonare Maciste e i relativi forzuti come Ercole, Sansone ed Ursus. Il rapporto con Steve Reeves, come ci aveva raccontato Giovanni, negli anni aveva assunto poi un carattere quasi di dipendenza, anzi di una simpatica dipendenza. Steve infatti voleva sempre vicino Giovanni nelle tante scene acrobatiche di cui i suoi film erano assolutamente pregni: agguati, cadute e cadute anche da altezze lusinghiere, duelli di scherma, scazzottate, lunghe scene a cavallo e lunghissime nuotate. Insomma per un certo periodo i due in qualche maniera si erano anche completati perché Steve Reeves era un culturista puro e Giovanni invece un atleta. Le due discipline insomma finivano proprio per sposarsi e quello che ne giovava era, un po’ per entrambi, la resa perfetta sullo schermo. Giovanni Cianfriglia di film in film poi cresceva tanto che i registi cominciarono a pensare e poi a chiedergli di diventare anche un personaggio per i loro film. E questo naturalmente non era piaciuto a Reeves e per un certo periodo impuntandosi verso il no mise, forse anche non volendo, i bastoni tra le ruote nella carriera di attore di Cianfriglia. Ma Giovanni comunque ha sempre dichiarato l’importanza del suo rapporto professionale con Steve e infatti ha sempre riconosciuto di essere nato infatti sul proscenio del cinema nazionale come la controfigura ufficiale del grande culturista americano per poi diventare lui stesso l’attore, oggi mitico, per il cinema italiano più popolare: “Le fatiche di Ercole”, “Morgan il pirata”, “La guerra di Troia”, “Ercole e la regina di Lidia”, “Il figlio di Spartacus”, “Sandok il Maciste della giungla”, “Agente Z55 missione disperata”, “Tecnica di un omicidio”, “Johnny Oro”, “Il pistolero segnato da Dio”, “I cinque della vendetta”, “La sfida dei giganti”, “Ballata per un pistolero”, “Superargo contro Diabolikus”, “Colpo doppio del camaleonte d’oro”, “Devilman story”, “Se vuoi vivere spara”, “Tre croci per non morire”, “Ammazzali tutti etorna solo”, “Ciakmull, l’uomo della vendetta”, “La polizia ha le mani legate”, “Piedone lo sbirro”, “Altrimenti ci arrabbiamo”, “L’ambizioso”, “Il trucido e lo sbirro”, “Keoma”, “Napoli violenta”, “Pari e dispari”, “Lo chiamavano Bulldozer”, “Bomber”, “Occhio alla penna”, “Chi trova un amico trova un tesoro”, “Banana Joe”. A Giovanni Cianfriglia potevamo chiedergli tutto sul cinema italiano ma non il numero esatto dei suoi film perché diceva di non ricordarsi affatto il numero confuso come erano tra le prestazioni da stuntman e le prestazioni da vero e proprio attore. Il regista che davvero ha creduto per primo nelle potenzialità di attore di Giovanni Cianfriglia era stato Sergio Corbucci. Giovanni Cianfriglia ce lo aveva raccontato spesso che per il film “Navajo Joe” ad esempio Sergio voleva lui come protagonista e per questo nel 1966, l’anno in cui si è realizzato il film, lo aveva addirittura portato al cospetto del produttore del film, il potente Dino De Laurentiis, nei suoi uffici sulla via Pontina. Ma De Laurentiis aveva in mente un altro nome, più famoso e davvero americano, Burt Reynolds. Come si era sempre saputo vinceva chi portava i soldi e così Sergio Corbucci, con dispiacere, di fronte alla produzione forte, aveva dovuto indietreggiare nella sua convinzione.Tra i tanti stuntman del periodo, noi non abbiamo nessuna remora ad affermarlo, Giovanni Cianfriglia era il più dotato, aveva davvero una grazia assoluta e divina nello sganciare montanti e nello incassare ganci sinistri. E tra i tanti stuntman, alcune figure erano anche superlative, Riccardo Pizzuti, Sal Borgese, Nello Pazzafini, Pietro Torrisi, Massimo Vanni, Ottaviano Dell’Acqua, tanto per ricordare solo sei nomi maiuscoli, nessuno di loro aveva avuto però il privilegio di calcare poi le pellicole come protagonisti, come invece era capitato a Giovanni quando era diventato Ken Wood. Nel suo lavoro di stuntman Giovanni Cianfriglia è stato davvero insuperabile, in “Napoli violenta” di Umberto Lenzi, ad esempio, lo abbiamo visto davvero saltare da un muro ad un altro, da un tetto ad un altro, fino a quando, sull’orlo di un precipizio, aggrappato alle tegole malridotte, rimanere appeso, proprio a ciondolare nel vuoto, da un’altezza paurosa e in un periodo ancora in cui non c’erano affatto effetti speciali nel cinema ma solo semplici materassi a garantirne la sicurezza. Esempio estremo insomma del suo lavoro di stuntman e Giovanni Cianfriglia questi rischi gli aveva cavalcati per una vita intera. Ma Giovanni questo non lo menzionava mai, oggi non lo valutava nemmeno, umile insomma fino all’eccesso. Una bellissima dote per una personalità che sapeva essere professionale, seria ed anche
molto allegra. Ci mancherai Giovanni.
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