“COME UN RESPIRO”: L’ULTIMO ROMANZO DI FERZAN OZPETECK

di Giovanni Berardi

F.OzpeteckCome un respiro è il terzo romanzo del regista Ferzan Ozpeteck. E non è stato il feroce lockdown,  quella situazione di isolamento dal contesto umano per sfuggire al virus e che abbiamo vissuto per più di un anno, che ha consigliato Ferzan Ozpeteck a sedersi davanti al suo portatile piuttosto che a prepararsi ad allestire un set pieno di gente e girare il suo nuovo film.  Invece no,  Come un respiro  è nato proprio come un libro, con un impegno preciso con l’editore preso in tempi non sospetti, e che, forse, solo più tardi diventerà un film, visto che l’interessamento di alcune case di produzione premono per la sua riduzione sullo schermo. “Sicuramente il romanzo diventerà un film” ha detto infatti  Ferzan Ozpeteck, “ma non prestissimo”. Ma lo diventerà certamente, e questo potrà succedere quando Ferzan Ozpeteck lo rielaborerà, come ha sempre fatto, quasi come si rielabora un lutto e proprio come è accaduto con il suo primo romanzo, Rosso Istanbul, diventato dopo qualche anno un film.  Ora invece per il cinema il regista ha progetti diversi, non ultimo, ma è ancora un processo remoto, una idea nata semplicemente parlando, semplicemente consigliando, una storia d’amore, di superstizione e di morte da ambientare tra il sito di Satricum a Le Ferriere di Latina e l’ambiente, circoscritto, proprio delle Ferriere. Chissà, forse dalle Ferriere, ci è parso di capire,  Ferzan Ozpeteck vuole rispondere alle domande, nate al suo cospetto, e che riguardano purtroppo il triste fenomeno dei delitti passionali. Ferzan Ozpeteck aveva citato l’opera di Bizet, Carmen, nel formulare l’ipotesi di fondo del progetto: “ma cosa resta dell’amore quando la vittima non è altro che un oggetto di possesso e di gelosia?”. Ancora: “che ruolo occupa la donna all’interno di una relazione malata ed ossessiva che la priva di ogni autonomia e liberta?”. Tra le sue intensioni quella di coinvolgere la comunità olandese che da anni a Le Ferriere studia storicamente il territorio. Ferzan Ozpeteck lo ricordiamo a Sabaudia, all’ombra della corte comunale, al cospetto della professoressa  Paola Populin  e della La copertina di Come un respirogiornalista Barbara Carfagna, quando è intervenuto per presentare il suo romanzo d’esordio, appunto  Rosso Istanbul. Nella corte il contraddittorio tra Ozpeteck, la Populin e la Carfagna avevano coinvolto temi che appartenevano certo alla sfera emotiva di ognuno. E fu un grande successo. Diceva già in quel contesto Ferzan Ozpeteck: “la morte non è mai la fine delle cose” ed in noi scocca oggi una scintilla: in questa sintesi forse si può ritrovare la base strutturale, filosofica, di tutta la sua letteratura e di tutto il suo cinema? Ferzan Ozpeteck è arrivato a Roma negli anni settanta, spinto soprattutto dalla beltà del cinema italiano.  A Roma ha deciso di fermarsi per studiare cinema, ma anche perché vedeva, in quel luogo e in quel tempo, la voglia e la tensione “rossa” di un grande paese, l’Italia, in lotta assoluta contro tutti i soprusi e contro tutti i poteri più degeneranti. Ferzan Ozpteck lo ricordiamo ancora al Circeo, al Park Hotel, dove aveva fatto alloggiare la sua troupe per le riprese del film Saturno contro”.  “Villa Mariani” aveva detto “che insiste sul promontorio di Circe era perfetta nel contesto della linea e per la verità della trama”. Diceva ancora Ferzan Ozpeteck: “ho imparato che la vita non ti offre mai assolute certezze, anzi è fatta proprio di salite e di discese improvvise ed improvvide. Di fronte a questo restano veramente importanti, per me, i rapporti umani, quelli che sono la condivisione degli affetti, delle emozioni, i sorrisi, le lacrime, le gioie, i dolori”.  Tutto ciò in fondo era materia essenziale del film  Saturno contro. Ferzan Ozpeteck,  proprio per il coraggio che dimostra scrivendo o mettendo in scena questi temi, sempre molto delicati, concreti, veri, quali appunto il senso dell’amore e della amicizia, la morte e la sua paura, l’omosessualità, il tradimento, la malattia, la religione, ma anche l’olocausto e il disagio esistenziale, fa veicolare la sensibilità e la tenerezza di ognuno verso il genere piuttosto introspettivo, la strada insomma dove indirizzare ed ordinare il suo cinema e ora anche la sua letteratura. L’idea simbolo della sua letteratura, come dice Ferzan Ozpeteck, si trova ancora oggi nelle pagine del suo primo romanzo Rosso Istanbul. Ferzan Ozpeteck è un regista, oggi anche uno scrittore, che nel dubbio acuto dello spettacolo più puro, abbiamo, in definitiva, sempre amato profondamente. In ogni suo film, come adesso in ogni suo libro, ed è un pregio assoluto, ci sembra di trovare sempre un momento che ci riguardava, o ci ha riguardato, che ci ha scoperti o ci ha riscoperti.  Secondo noi non si può mai dire, per la filmografia e per la bibliografia di Ferzan Ozpeteck, quale il suo film o il suo romanzo più bello: tutti sono semplicemente importanti.

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