FONDIFILMFESTIVAL: IN SCENA LA GRANDE LEZIONE DEL NEOREALISMO
Giovanni Berardi
La sedicesima edizione del FondiFilmFestival, dedicato interamente al centenario della nascita del regista fondano Giuseppe De Santis, si è chiusa sotto il segno di una certezza e di una speranza. La certezza è la conferma che il movimento italiano del neorealismo cinematografico, cifra narrativa di De Santis, è stato, e rimane, una grande lezione offerta dal miglior cinema, e questa si è avvertita tutta intera attraverso la retrospettiva completa, durante le serate del festival, della filmografia di Giuseppe De Santis ed anche attraverso le varie coniugazioni alle esigenze dello spettacolo, che poi il movimento del neorealismo ha sposato, una soprattutto risultata fondamentale, la svolta umoristica ad esempio, che ha in definitiva trasformato la realtà neorealistica nel grande percorso, poi più o meno accidentale, della commedia all’italiana, ma anche, conseguenziali, il risalto della fotografia, la compattezza della musica, la profondità della scrittura cinematografica, l’integrazione professionale del movimento del neorealismo, tutti temi poi portati a dibattito nelle giornate del Fondi con personalità specifiche quali il musicista Franco Piersanti, il direttore della fotografia Giuseppe Lanci, il regista Giuliano Montaldo, lo sceneggiatore Francesco Bruni e poi con Adriano Aprà, Felice Laudadio, Lidia Ravera, Andrea Purgatori, Silvia Scola, Gianfranco Pannone. La speranza è che, finalmente, pare sancita quella che è la direttiva per instaurare ed inaugurare a Fondi il museo del neorealismo. Infatti il sindaco di Fondi, Salvatore De Meo, proprio a chiusura della kermesse ne ha dato quella che rimane oggi la notizia ufficiale: “… l’associazione Giuseppe De Santis ha avuto, ha lanciato, ha sofferto, per la realizzazione del museo del neorealismo, che sorgerà esattamente sui piani superiori di questo complesso che già da anni offre i prosceni per lo svolgimento del festival…“. Visibile, a questo punto la soddisfazione nei volti di Marco Grossi e Virginio Palazzo, veri motori della associazione, che da anni, e sono davvero tanti anni, che si danno e si dannano per dare a Fondi, e a Giuseppe De Santis, questo giusto risalto, questa giusta appartenenza, questo merito assoluto. Anche Lidia Ravera, assessore in carica per la cultura della regione Lazio, da anni, per le sue competenze specifiche, ha perorato questa causa e nel proscenio del Fondi ha spiegato:
“ … Tullio Kezich mi aveva inviato una lettera, anni orsono, proprio per fare capire quello che sarebbe l’istituzione di un museo del neorealismo a Fondi. Kezich insomma aveva trovato le giuste parole. E dopo avere letto queste parole mi è assalita una grande voglia di non mollare mai l’idea. Una voglia che ancora mi porto dentro …”. E dunque sul proscenio del Fondi Lidia Ravera regala poi alla platea quello che è stato, e che rimane, il pensiero di Kezich: “ … una istituzione dialettica senza esclusioni, aperta a tutti gli atteggiamenti che protagonisti e comprimari del neorealismo hanno voluto assumere nel corso di una operosità coerente di sostanze quanto variegate e persino contraddittorie nelle forme. Mi auguro insomma che il museo a Fondi diventi non soltanto un archivio della memoria, ma un luogo fervido di incontri, presenze ed iniziative tali da perpetuare ed aggiornare la via italiana alla creazione cinematografica. Un museo in cui si possa respirare la vita come nelle campagne che lo circondano …”.
Ora un salto in avanti, alla serata finale, che ha visto la premiazione, con il dolly d’oro Giuseppe De Santis, al regista Daniele Vicari che, come ha detto Marco Grossi dal proscenio, “ … premiamo oggi uno dei più promettenti registi italiani che già ha alle spalle un grande futuro …”. Ed infatti Daniele Vicari ha già alle spalle dodici film, (Partigiani, Uomini e lupi, Non mi basta mai, Morto che parla, Velocità massima, L’orizzonte degli eventi, Il mio paese, Il passato è una Terra straniera, Diaz, La nave dolce, Uno nessuno, Sole cuore amore). E questo sovverte alquanto con quello che è il regolamento delle premiazioni con il dolly a Fondi, ma, come ha spiegato Marco Grossi, “ … la consegna del Dolly quest’anno ha un conferimento speciale. Assume un sapore speciale proprio perché viene conferito nell’anno del centenario della nascita di Giuseppe De Santis. Sarà quindi, in questa edizione del Fondi, un premio speciale del centenario desantisiano, quindi la decisione del comitato scientifico è stata diversa rispetto al regolamento in vigore …”. Il pubblico del Fondi ormai è a conoscenza della realtà del Dolly d’oro, destinato ad un regista emergente, con una esperienza alle spalle ricca di un solo film o al massimo di un secondo. Il premio è stato istituito nel 1999, dedicato alla memoria del maestro Giuseppe De Santis, ed i primi anni hanno visto la consegna del dolly in altri prestigiosi ambiti come la Mostra del Cinema di Venezia ed il TorinoFilmFestival. Solo dopo la quarta edizione, con la nascita a Fondi del FilmFestival la decisione di consegnare il premio nella sede più appropriata, proprio nella terra della pace, degli ulivi e di Giuseppe De Santis. Dice Marco Grossi: “ … con il premio, una statuetta in bagno d’oro che raffigura un dolly in miniatura, simbolo della cifra stilistica di De Santis, ci siamo proposti, e ci proponiamo ancora, anno dopo anno, a rinnovare l’attenzione che Giuseppe De Santis aveva sempre verso i giovani colleghi che muovevano i primi passi nel mondo del cinema …”. Daniele Vicari poi dice di essere cresciuto proprio nel cinema di De Santis, e noi non possiamo che dargliene atto, la sua filmografia infatti risente assolutamente dello stile rigoroso e popolare del cinema di De Santis: “ … io ho avuto la fortuna di conoscere il cinema grazie ad un amico del maestro De Santis,il critico Guido Aristarco. Lui mi ha invitato proprio a vedere tutti i film di De Santis. Quando poi ho visto Roma ore 11, in qualche modo c’è stata la fascinazione. Lì ho scoperto che il piano sequenza, tanto osannato dal cinema francese, in realtà non lo avevano affatto inventato i francesi, ma anzi, proprio su quel modo di raccontare desantisiano una intera generazione di cineasti francesi aveva costruito la sua idea del cinema. Quando poi finalmente incontrai De Santis ricordo, la domanda perfetta era stata “ … perché maestro ha smesso così presto di fare cinema? … “, e la risposta, altrettanto perfetta, era stata semplice, ma già indagatrice di un fenomeno, di un malessere produttivo e culturale, che in qualche maniera paghiamo a caro prezzo ancora oggi: “ … io senza i mezzi artistici e tecnici che ritengo necessari non girerò mai un film … “. Questo insomma è stato, Daniele Vicari sul proscenio di Fondi. A ritirare il suo dolly certo, ma anche a spiegare il suo più intimo De Santis.
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