GIOVANNI CIANFRIGLIA DA ANZIO: SULLO SCHERMO FU KEN WOOD
di Giovanni Berardi
Il critico cinematografico Steve Della Casa non ha alcun dubbio quando afferma: “Giovanni Cianfriglia è stato il vero artefice del successo italiano di Steve Reeves”. Giovanni Cianfriglia, ma sullo schermo era Ken Wood, è nato infatti, sul proscenio del cinema nazionale come la controfigura ufficiale di Steve Reeves per diventare poi un attore mito per il cinema italiano più popolare. La sua filmografia è davvero quello che si dice un paradiso enorme di titoli, di stimoli, di emozioni. Piace ricordareoggi quei momenti di assoluto spasso italiano, fatto certo più da ironia che di interesse produttivo, spettacoli vissuti poi nelle sale fumose, anche confusi in una platea sicuro chiassosa ma mai disturbante. Il cinema di Ken Wood non chiedeva dedizione prona o assoluto raccoglimento, semplicemente andava via, come una fumata di sigaretta, un divertimento avvolto e travolto dalle macerie di cartapesta, scenografie principe di quei film. Oggi possiamo ben dirlo, le pellicole di Giovanni Cianfriglia erano i capolavori della fantasia più ludica, anche di quella più prosaica. Era il tempo degli Ercole e dei Maciste, dei Sansone e degli Ursus, dei greci e dei romani. Più tardi anche dei Ringo e Gringo, Sartana ed Alleluia ed anche degli 007 all’italiana. E poi della polizia che ringrazia, che chiede aiuto, che ha le mani legate o della polizia che spara per prima. Giovanni Cianfriglia, o per meglio dire Ken Wood, ha accompagnato proprio l’evoluzione del cinema italiano, ha circoscritto davvero il fenomeno industriale del settore. A menadito dunque qualche titolo, interpretati dal nostro eroe, a documentare e a circoscrivere davvero tale vitalità, che nella sua filmografia conta, oggi, ben cento e più film: Le fatiche di Ercole, La guerra di Troia, Il figlio di Spartacus, Sandok il Maciste della giungla, Killer Kid, Agente Z 55 missione disperata, Tecnica di un omicidio, Johnny Oro, I cinque della vendetta, La sfida dei giganti, Superargo contro Diabolikus, Colpo doppio del camaleonte d’oro, Il Re dei criminali, Ballata per un pistolero, Se vuoi vivere spara, Tre croci per non morire, Ammazzali tutti e torna solo, Arriva Durango … paga o muori, Il ritorno del gladiatore più forte del mondo, La polizia ha le mani legate, Piedone lo sbirro, … altrimenti ci arrabbiamo …, Il trucido e lo sbirro, Keoma, Napoli violenta, Pari e dispari, Lo chiamavano Bulldozer, Bomber, Occhio alla penna, Chi trova un amico trova un tesoro, Banana Joe, Il pentito, Alex l’ariete. Oggi Giovanni Cianfriglia è un bel signore di ottantasei anni, sempre atletico, brioso, espressivo. Guardandolo bene puoi riconoscergli ancora, come cucita addosso, la tuta portata in Superargo contro Diabolikus. Poi se procedi ancora avanti, cullato dai dolci ricordi, puoi intuirgli sul viso, ancora intatta, la ferocia di Blady, sfoggiata in Ammazzali tutti e torna solo, così come ci avverti tutta la perfidia di Stark di Se vuoi vivere spara. E guardandolo a fondo puoi ritrovargli anche tutto il garbo e tutta la bontà di Reno vista in Tre croci per non morire. E che divertimento quando gli ricordiamo le botte prese e gli sganassoni centrati per davvero come in Pari e dispari e Antonio e Placido – attenti ragazzi chi rompe paga…. Dice Giovanni Cianfriglia, seduto nei giardini della accogliente Piazza Pia di Anzio: “non mi chiedere il numero esatto dei film fatti perché proprio non ne ho la più pallida idea, confusi come sono tra le interpretazioni d’attore vere e proprie e le tipiche prestazioni da cascatore”. L’avventura al cinema di Giovanni Cianfriglia inizia dopo l’incontro in palestra con Steve Reeves, il formidabile eroe del cinema mitologico degli anni sessanta. Dice Giovanni Cianfriglia: “Steve Reeves capitò ad Anzio nella palestra che frequentavo in quei tardi anni cinquanta. Vedendomi allenare con tanta foga, capirai avevo venti anni,Reeves si avvicinò e mi chiese se per caso poteva esserci l’ intenzione, perché mi vedeva perfetto, a diventare la sua controfigura in un mitologico che stavano peiniziare a girare nella riserva di Tor Caldara, qui ad Anzio.Io non ci misi molto ad accettare, anche perché il lavoro di “bagnino”, che svolgevo in quel periodo, non è che poi poteva regalarmi molto futuro. E così mi ritrovai proprio contento in quel set, sotto la regia di Pietro Francisci, il titolo lo ricordo bene, era “Le fatiche di Ercole”, proprio il mio primissimo set”. Dopo, uno dietro l’altro, sono venuti tantissimi titoli fino appunto a riempire la sua filmografia di oltre cento titoli. Certo non era facilissimo, da Anzio, riuscire a calcare tutti quei set, ma a Giovanni Cianfriglia l’impresa è riuscita. Così come al fratello Domenico, stuntman anche lui, che era diventato un volto prevalente del mondo dei cascatori italiani dei film di genere anni settanta. Anzi c’è da dire che Giovanni, nonostante il sano e leggero divismo che poteva nascere, e che un po’ è anche nato, legato al nome esterofilo di Ken Wood e al suo successo, l’ha sempre vissuta, questa potenzialità, con una grande serenità, senza mai perdersi davvero d’animo, e senza nemmeno prendersi troppo sul serio, come capitava a molti “divi” del periodo aureo del cinema italiano, Giovanni Cianfriglia ha preso l’idea del suo successo proprio con tutta la filosofia possibile, degna, anzi, della migliore sensibilità “portodanzese”. Una bella dote che ancora conserva intatta.
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