LAURA DELLI COLLI E IL SUO LIBRO DEDICATO A MONICA VITTI
di Giovanni Berardi
C’è stato un momento in cui a Latina, presso il Liceo Scientifico Statale “Giovanni Grassi”, si era tentato di organizzare una rassegna cinematografica dedicata a Monica Vitti. Il glorioso Club Turati del periodo deputato, i primissimi anni novanta, si era messo in moto per tagliare tale traguardo. Intensi erano stati quindi i contatti, miei personali soprattutto, per portare la Monica nazionale nel proscenio di Latina. L’iniziativa però non si era potuta concludere, la cosa non andò in porto e francamente i motivi di tale stop, mai stati chiari, a distanza poi di tanti anni non sappiamo più dove ricercarli. Ancora, insieme al segretario del Turati del tempo, Onorio Zaralli, ce lo chiediamo. Ora però, a compensare, c’è il bel libro di Laura Delli Colli, “Monica. Vita di una donna irripetibile” che ci restituisce appieno la Vitti, anche nel suo calibrato splendore. Ma c’è anche un altro episodio che ha visto Monica Vitti imperversare a Latina, ad essere anzi l’attrice adulata ed amata che è sempre stata. Fu durante la lavorazione in città del film di Alberto Sordi “Polvere di stelle”. Era il 1973 e da pochissimo si erano chiusi due altri set che avevano reso Latina un teatro di posa a cielo aperto:le macchine da presa di Giuseppe De Santis per la lavorazione del film “Un apprezzato professionista di sicuro avvenire” e quelle di Eriprando Visconti per il film “Il vero e il falso”. Il set del film di Alberto Sordi era praticamente localizzato presso lo stadio comunale, non ancora battezzato Francioni, e l’aria che si respirava era quella degli anni trenta, gli anni in cui era ambientato il film, quindi podestà fascisti, camionette di poliziotti a iosa, camice nere, mani destre tese e tacchi a schioccare, insomma l’atmosfera fascista ricostruita sul set era a pieno regime. Monica Vitti stava lì, in attesa del ciak, circondata dai suoi assistenti che le ricordavano la scena da girare. Affabile, Monica salutava tutti con grandi sorrisi, si dispiaceva alquanto per non poterli raggiungere ed abbracciarli “ad uno, ad uno” come diceva, ma la concentrazione di Monica era importante per mantenere intatti i panni del personaggio del film, la soubrette Dea Dani. Nel ricordo del giovane cronista lo sguardo gaio di Monica Vitti, uno sguardo che davvero cercava di mantenere il più a lungo possibile, ma che, al contempo, sembrava anche volere immediatamente cancellare. Albertone invece, anche regista del film, stava appresso ai macchinisti, come richiesto dal ruolo, e si dava un gran daffare, andando avanti ed indietro incurante degli sguardi, degli applausi, delle richieste di autografi che gli spettatori nonostante tutto gli chiedevano continuamente. E lui sempre a ripetere, bonariamente comunque, anche con la sua risata proverbiale a ripetere: “gente, qua stiamo a lavorà, portiamo pazienza”. Ed è stata una situazione durata un paio di settimane questa a Latina, ripetuta sempre con gli stessi tomi, poi il set si era trasferito nella vicina Anzio e poi anche a Nettuno. Poi il film lo abbiamo applaudito un po’ tutti sullo schermo del cinema Corso a Latina. Quando parlava della zona pontina i ricordi di Monica Vitti andavano soprattutto verso il mare, che lei amava profondamente. Quando non poteva essere in Sardegna, l’isola dei suoi sogni, i suoi weekend spesso li trascorreva tra le dune di Sabaudia o nelle assolate spiagge tra Lavinio ed Anzio. Sabaudia soprattutto le ricordava il film “Amore mio aiutami”, il film diretto da Alberto Sordi nel 1969, dove, sulle dune, Monica pigliava tanti di quegli schiaffi da Sordi, ma in realtà precisava “le sberle sonore le ha prese tutte la povera Fiorella Mannoia, all’epoca la mia controfigura per le scene più pericolose” e poi teneva tra i ricordi più cari le riprese ad Anzio del film “Teresa la ladra” di Carlo Di Palma, un film amato particolarmente.
Il libro di Laura Delli Colli in definitiva approda continuamente su questi aspetti caratteriali di Monica Vitti licenziando nei suoi confronti parole d’affetto e di grande solidarietà. Tutte assolutamente meritate e descritte più che altro dal cuore, perché un libro che descrive Monica Vitti non può fare a meno di queste dolcezze, di queste umiltà, finanche a fare rischiare al suo autore un senso ovvio di banalità. Ma è la poesia, anche la realtà più dolce che spesso si presta a risultati banali. Laura Delli Colli tiene a fare sapere che il suo non è un libro per cinefili incalliti, bensì è una storia appassionata, di una persona cioè che è stata per lungo tempo vicino a Monica Vitti, un tempo che ha portato Laura Delli Colli a cavalcare anche l’ultima parte della vita di Monica, quella ritirata, quella purtroppo “rimasta in ombra”, quella dolorosa. “Monica. Vita di una donna irripetibile” diventa a questo punto davvero un libro intimo, che testimonia anche un pudore che non ha difficoltà a diventare pubblico. E la penna di Laura Delli Colli in questo senso sa restare discreta, compiaciuta quanto può servire, a descrivere ora una situazione che negli anni ha cominciato a cavalcare anche una difficoltà. Personalmente ho sentito dire da chi aveva già letto il libro della Delli Colli, di trovarsi tra le mani un testo banale, io semplicemente avevo risposto che no, assolutamente, questo è un libro intimo, che descrive una amicizia anche profonda, costruita negli anni, tra una giovane cronista, quale appunto era la Delli Colli all’inizio della frequentazione e via in avanti, sino quasi al tramonto dell’attrice. Come e perché, Laura Delli Colli inizia a frequentare così assiduamente Monica Vitti? Dice Laura Delli Colli: “Decisamente per lavoro, era il 1985 e il lavoro di redazione del mio primo libro “I mestieri del cinema“ era ormai avviato e mi portava a contattare un po’ tutte le professioni del cinema. Ero ancora una giovane cronista di Repubblica al quale si era presentata l’occasione di scrivere il libro, per me dorato, perché era il mio primo libro dopo tanti e tanti articoli scritti per il giornale. Quando poi ho dovuto sviluppare l’idea del libro, alla voce attori, il mio pensiero è corso immediatamente ai nomi di Alberto Sordi e Monica Vitti. Per descrivere al meglio il mondo della recitazione cinematografica ho pensato immediatamente che davvero Sordi e la Vitti erano la risposta migliore. E poi tra le attrici italiane certamente la Vitti era la più assoluta, la più precisa. Ecco è nata così la lunga frequentazione poi con Monica, seguendo semplicemente il lavoro del mio primo libro”. Come racchiuderebbe oggi, Laura Delli Colli, la carriera di Monica Vitti, anche la donna Monica Vitti? Dice Laura Delli Colli: “semplicemente globale. Nel senso che Monica ha davvero navigato, nel cinema, come ha scritto qualcuno quando lei se ne è andata, tra l’intimismo, il sussurrato, il chiaroscuro del cinema di Antonioni e la commedia all’italiana vera e propria, quella che l’ha fatta cantare, divertendosi anche un mondo, “ma ndo vai se la banana non ce l’hai”. Dice ancora Laura Delli Colli: “la donna poi ha conservato davvero quella che era l’umanità e quelle che sono le virtù di una persona per bene, una persona per cui tutti provavano sempre una estrema simpatia, proprio a prescindere. La sua è stata una vita davvero elegante, racchiusa però sempre da quel sottotono, da quel sotto le righe che la restituivano semplicemente come una persona educatissima. Insomma pur restando ferma Monica dava sempre l’impressione di poter raggiungere ugualmente l’attenzione del mondo”. E noi? Mentre vedevamo lavorare Monica Vitti sul set di “Polvere di stelle”, era il 1972, proprio mentre la vedevamo esaurire gli “ordini” di Alberto Sordi, che ci era apparso davvero, Sordi, un regista esigente, capivamo la verità che poi si è dimostrata assoluta e che semplicemente poi abbiamo ritrovato netta, esemplare, sincera, nel libro di Laura Delli Colli. E siamo con la Delli Colli assolutamente, nel sottotitolo scelto per il suo libro perché Monica è stata, e che anzi rimane, una donna ed una attrice irripetibile.
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