UNA SCUOLA FONDATA SU UN’ISTRUZIONE CHE FORMI DEI CITTADINI PENSANTI E CREATIVI
di Francesco Giuliano
Da circa sei anni, stiamo subendo una delle peggiori crisi economiche che, secondo alcuni studiosi, ha generato e sta ancora generando nel mondo occidentale danni peggiori di quelli causati dalla seconda guerra mondiale: perdita del posto di lavoro con il conseguente aumento della disoccupazione, disoccupazione giovanile a livelli di circa quarant’anni fa, suicidi, conseguente incremento della povertà, incapacità di adattarsi ad nuova situazione, impossibilità di tentare di inventarsi nuovi orizzonti, insufficienza di nuove prospettive, ma soprattutto precarietà non solo di chi giovane deve trovare la prima occupazione ma anche di chi, a cinquant’anni, lavorando perde il lavoro per sempre (!). Questa incapacità di adattarsi a nuove situazioni non è dovuta proprio ad una formazione originaria di stampo dogmatico? A scuola si insegna durante la prima fase dello sviluppo formativo, fondamentalmente e soltanto, che 2 + 2 è sempre uguale a 4 nell’insieme dei numeri, chiamati naturali, {0,1,2,3, 4, 5, ……… , n}, ma non si insegna che il risultato potrebbe essere diverso se si operasse in un altro insieme come, ad esempio, nel seguente costituito soltanto da {0,1,2,3}, dove 2 + 2 = 0. Da ciò deriva, dunque, che il risultato di un’operazione non è scontato ma dipende dal contesto in cui si sta agendo. Questo significa che l’insegnamento basato su un procedimento assiomatico, cioè costruito su determinati postulati convenzionali, non assoluti ma variabili, creerebbe nell’individuo degli strumenti mentali più ampi che lo porterebbero ad essere creativo e a sfondare la “gabbia” in cui il dogmatismo lo vincolerebbe mentalmente per sempre.
Al dogmatismo bisogna contrapporre dunque il relativismo nella sua accezione più utile all’uomo.
Se nel passato, non ci fossero stati, ad esempio, matematici dotati di questi strumenti mentali non avremmo l’informatica, basata sull’algebra di Boole (britannico, 1815–1864) e che utilizza l’insieme costituito da {0,1}, né avremmo il computer grazie alla scoperta, come semiconduttori, degli elementi chimici semimetalli come il silicio o il germanio, né avremmo la meccanica quantistica (che studia il microcosmo), introdotta da Max Planck (tedesco, 1858 – 1947), nè la teoria della relatività (che studia l’infinitamente grande) di Albert Einstein (tedesco, 1879 -1955), il cui studio è stato possibile cambiando il quinto postulato su cui si fonda la geometria piana o euclidea (per intenderci quella che si studia a scuola), quello del parallelismo di due rette: “data una retta e un punto esterno ad essa esiste un’unica retta parallela passante per detto punto”. Dalla modifica di tale postulato sono sorte due geometrie, dette non euclidee, quella ellittica o geometria di B. Riemann (tedesco,1826–1866) e quella iperbolica o geometria di N. I. Lobachevskij (russo, 1792-1856).
A tutto ciò si aggiunga l’approccio metodologico “costruttivista” che considera il sapere come qualcosa che non può essere ricevuto in modo passivo (come affezione del mondo esterno) dal soggetto, ma che risulta dalla relazione fra un soggetto attivo e la realtà. La realtà, in quanto oggetto della nostra conoscenza, sarebbe dunque creata dal nostro continuo ‘fare esperienza’ di essa” autonomamente.
L’avvento, dovuto alla prima riforma scolastica del 1923, quella genti liana, che ha comportato la separazione della cultura umanistica da quella scientifica e uno squilibrio ponderato tra discipline umanistiche e discipline scientifiche (ne è un esempio il Liceo scientifico!) a vantaggio delle prime, a mio parere, è stato deleterio. Giovanni Gentile (1875 -1944) nella Teoria Generale dello Spirito, cap. XV, sostiene che “… ogni scienza è … empirica e dogmatica, perché presuppone di conoscere il conosciuto: appunto come Platone presupponeva allo spirito le idee, che sono pure l’oggetto del suo conoscere”. Come sostengono C. Fiorentini ed E. Mazzoni, nella parte introduttiva del libro Storicità e attualità della cultura scientifica e insegnamento delle scienze, “Per l’idealismo soltanto la cultura umanistica … [è] in grado di sviluppare le capacità cognitive fondamentali dell’individuo, mentre l’importanza della scienza nel mondo moderno… [è] ridotta ad aspetti pratici, tecnici, utilitari”.
È questa compartimentazione che crea un grave danno all’individuo in sé e all’umanità intera. Lo stesso scrittore siracusano Elio Vittorini “… aveva sostenuto l’unicità della cultura che è letteraria ma anche scientifica e attribuiva la responsabilità della separazione tra le “due culture” alla contemporanea letteraria antiscientifica e vecchia; voleva una cultura nuova che, per essere veramente tale, doveva essere unitamente letteraria e scientifica”.
Mi chiedo e chiedo al lettore: Uno scienziato non è un umano anche lui? Quando egli fa una ricerca o una scoperta o avanza una teoria non lo fa con sentimento e con passione?
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